Di cosa ha davvero bisogno il bambino…

“Manifesto dei diritti naturali dei bambini e delle bambine”

1. Il diritto all’ozio

A vivere momenti di tempo non programmato dagli adulti

2. Il diritto a sporcarsi

A giocare con la sabbia, la terra, l’erba, le foglie, l’acqua, i sassi, i rametti

3. Il diritto agli odori

A percepire il gusto degli odori per riconoscere i profumi offerti dalla natura  

4. Il diritto al dialogo

Ad ascoltatore e poter prendere la parola, interloquire e dialogare  

5. Il diritto all’uso delle mani

A piantare chiodi, segare e raspare legni, scartavetrare, incollare, plasmare la creta, legare corde, accendere un fuoco  

6. Il diritto ad un buon inizio

A mangiare cibi sani fin dalla nascita, bere acqua pulita e respirare aria pura  

7. Il diritto alla strada

A giocare in piazza liberamente, a camminare per le strade

8. Il diritto al selvaggio

A costruire un rifugio-gioco nei boschetti, ad avere canneti in cui nascondersi, alberi su cui arrampicarsi

9. Il diritto al silenzio

Ad ascoltare il soffio del vento, il canto degli uccelli, il gorgogliare dell’acqua 

10. Il diritto alle sfumature

A vedere il sorgere del sole e il suo tramonto, ad ammirare, nella notte, la luna e le stelle.


Ho voluto iniziare questa pagina con i diritti del bambino riportati sul testo “La pedagogia della Lumaca” di Gianfranco Zavalloni, perché mi sembra siano veramente in tema con l’argomento di questo mese. Rileggerli mi stimola a continuare ad interrogarmi su cosa è meglio per i bambini e a capire che quello che è meglio in fondo sono le cose semplici.

Che i bambini di oggi siano sovra stimolati è indubbio. Hanno a disposizione strumenti di ogni genere, dal tablet, alla televisione e ai telefoni di ultima generazione, che vengono utilizzati per tenerli “buoni” in alcune occasioni. E loro stanno buoni, in quel momento, per poi manifestare dopo nervosismo e a volte anche disturbi del sonno.

Nel mio percorso di maestra della scuola dell’infanzia che si è occupata di bambini e bambine nella fascia di età 1/6 anni, mi sono trovata, tra le altre cose, a dover rispondere al fatto che nei nostri asili non si proponesse l’inglese, oppure che mi chiedessero come mai non insegnassimo la musica o anche: “ma quale sport posso far praticare a mio figlio dopo l’orario dell’asilo?”

Mi sono sempre molto interrogata sulla questione per poter rispondere a queste domande in modo chiaro, motivando al meglio questa nostra scelta.

Il primo punto dei diritti naturali del bambino parla infatti della possibilità di avere momenti di tempo non programmato dagli adulti. Un bambino che è stato già otto ore all’asilo ha il diritto di arrivare a casa e poter giocare o non far nulla, ha il diritto a non avere dei tempi affrettati, di non doversi confrontare con altri gruppi strutturati, e di poter passare il tempo con la mamma o il papà e magari i fratelli, semplicemente in un parco o davanti ad un gelato chiacchierando del modo in cui entrambi hanno trascorso la giornata.

Ciò non toglie che piccole attività semplici da fare insieme alla mamma come, per esempio, l’acquaticità o un laboratorio di tanto in tanto, non possano essere fatte ma è importante sapere che non bisogna affrettare i tempi è che il tempo per imparare l’inglese, la musica o fare attività sportiva in modo strutturato, arriverà magari quando andranno alle elementari. In quel momento tutte le forze del bambino, che saranno state preservate nel primo settennio, saranno pronte e attive per essere usate al momento giusto.

In questo primo settennio si dovrebbe imparare musica attraverso il ritmo del giorno, le canzoni, le filastrocche ripetute per alcuni giorni, dette sempre nello stesso periodo della giornata e i girotondi, stimolando così il ritmo interno del bambino, dandogli sicurezza e buon umore.     

Come la matematica a scuola: il ritmo è la matematica dell’asilo!

Per di più, alcune ricerche sullo sviluppo cerebrale indicano che la stimolazione precoce non ha alcun impatto sull’intelligenza di un bambino sano. L’unica cosa che sembra dimostrata è che il bambino nei primi anni di vita ha maggiori probabilità di sviluppare quello che viene chiamato l’orecchio assoluto, ovvero la capacità di imparare la musica o una lingua come se fosse la lingua materna, ma tutti i programmi che ci sono e che promettono lo sviluppo del cervello del bambino non fanno altro che accelerare un processo naturale. Tuttavia questo non può accadere senza perderne in parte le proprietà.

“Proprio come un pomodoro transgenico che matura in pochi giorni raggiungendo dimensione e colore perfetti ma perdendo l’essenza del proprio sapore, un cervello che si sviluppa sotto pressione, nella fretta di saltare le tappe può perdere per strada parte della propria essenza”.

L’empatia, la capacità di aspettare, la sensazione di calma o l’amore non si possono coltivare a ritmi serrati, ma richiedono un crescita lenta e genitori pazienti che sappiano attendere che il bambini dia i migliori frutti solo nel momento in cui è pronto per farlo. Se il bambino viene stimolato quando ancora il suo sistema neurosensoriale non è sviluppato, è come se decidessimo di raccogliere una spiga di grano prima che maturi.

E’ per questo che le più importanti scoperte delle neuroscienze, in merito allo sviluppo del cervello del bambino, si soffermano su aspetti apparentemente semplici, come i benefici del  cullare tra le braccia il bambini nei primi anni di vita, oppure sul  ruolo dell’affettività nello sviluppo intellettivo del bambino o sull’importanza delle conversazioni tra madre e figlio, che sono le sole utili allo sviluppo della memoria e del linguaggio, riconoscendo così che, nello sviluppo cerebrale, la cosa più importante è l’essenziale.

Dobbiamo sapere che se lasciamo che il sistema neurosensoriale del bambino si sviluppi al meglio e in libertà diamo anche la possibilità agli organi interni di suonare all’unisono e di raggiungere un equilibrio perfetto.

I bisogni di noi adulti sono diversi, siamo noi a dover entrare nel mondo del bambino. Questo è faticoso perché abbiamo dimenticato cosa significa essere bambini e non abbiamo memoria del primo settennio. In questa fase dell’infanzia devono costruire il loro strumento, che è il corpo fisico, devono maturare e con una stimolazione precoce togliamo loro forze fisiche per fare questo lavoro di crescita così fondamentale. Nel primo settennio ci sono tre tappe fondamentali che sarebbe molto utile rispettare e che sono: camminare, parlare e pensare.

In questi primi sette anni di vita del bambino tutte le forze sono impegnate per la crescita. Il bambino sta creando se stesso e per sostenere questa creazione non c’è niente di meglio che un’attività semplice e creativa.  E’ importante che i giochi siano poco conformati e che le attività siano semplici. Dovremmo dedicare il tempo a fare con loro pane, biscotti, succhi, marmellate, dandogli la frutta e la verdura da tagliare per preparare macedonie o minestre, anche perché attraverso il cucinare avviene ciò che deve accadere all’interno del loro sistema metabolico.

È per questo che all’asilo teniamo molto a questo aspetto così importante dei processi, come cucinare, fare il pane o la pasta fresca e che l’attività principale sia il gioco, perché il gioco ha in se un’autorità creatrice. Non il gioco strutturato con delle regole ma quello simbolico, che trasforma una pietra in un telefono o una sedia in un tagliaerba o un tavolo in una tana e, man mano che il bambino evolve nel primo settennio, si struttura sempre di più, chiedendo di fare anche giochi con regole.

Questo gioco creativo e tutto ciò che la sua anima vive, collegandosi agli elementi e facendo quindi esperienza nella terra, faranno sì che, entro la fine del settennio, abbia sviluppato un sistema neurosensoriale sano, rispecchiante, in grado poi in futuro di essere utilizzato per un pensiero libero, non già predefinito, materiale o troppo legato alla terra e già strutturato.

Perché il pensiero strutturato, soprattutto in età da asilo, è un pensiero che ha già preso una direzione, quella dell’addestramento finalizzato al lavoro.

Con affetto sempre, Maestra Dolziana