“Noi siamo ciò che mangiamo”
Nel nostro progetto educativo il legame tra alimentazione e pedagogia è uno dei punti fondamentali. La nostra Cooperativa ospita nei propri locali una cucina capace di preparare il pasto caldo a tutti i ragazzi della scuola e ai bambini del Giardino d’Infanzia e del nido. I piatti sono preparati quotidianamente partendo da materie prime biologiche, il più possibile del territorio circostante. I menu vengono stabiliti stagionalmente e seguono una dieta prevalentemente vegetale, con uova e latticini e come alimenti di base si prediligono i cereali.
Per quanto riguarda la fase di lavorazione, si presta particolare attenzione al fatto che tutto il valore nutritivo dell’alimento venga mantenuto e che vengano consumati cibi sia cotti che crudi. Viene attribuito molto valore all’educazione dei sensi: erbe aromatiche fresche, frutta e verdura fresca sono particolarmente adatte per esercitare il gusto e l’olfatto.
Oggi viene dato molto spazio a tutto quello che riguarda l’alimentazione nei bambini e ovunque si leggono le più disparate teorie o ideologie a riguardo. Da maestra sono spesso costretta a riscontrare che sono sempre di più i bambini con disturbi alimentari anche lievi. Bambini che non masticano, che mangiano pochissimo e solo alcune cose a discapito di altre.
Ma perché questo accade così di frequente in questa nostra epoca?
Quando i bambini sono molto selettivi con il cibo può significare che hanno poche forze digestive. Dobbiamo sapere che il cibo serve a sviluppare la forza per trasformare; attraverso l’assunzione di esso portiamo dentro il mondo esterno, che dovremo trasformare nella nostra sostanza individuale. Oggi invece c’è una grande debolezza nelle forze digestive, come nelle forze di volontà in generale. Questa cosa è generazionale perché fin da piccoli i bambini, invece di giocare e di muoversi, hanno giochi strutturati, tv o tablet. Dobbiamo diventare consapevoli che per il processo digestivo è indispensabile il calore e che il calore si sviluppa dal movimento, che purtroppo diventa sempre più carente man mano che i ragazzi crescono. In questo modo l’essere umano, che vive nella produzione del suo calore, non lo produce in quantità sufficiente per la sua salute. Quello che si dovrebbe fare, non è forzare a mangiare, ma piuttosto cercare di lavorare sulle forze interiori, attraverso la musica per esempio, l’arte, il gioco all’aria aperta, il gioco simbolico dove i bambini imitano il lavoro dei grandi e anche attraverso un ritmo di vita sano.
Per esempio, durante un seminario di formazione a cui noi maestri abbiamo partecipato tempo fa, abbiamo appurato quanto è organico alternare la parte teorica, il mangiare e poi fare una pausa, seguita da, per esempio, un’attività artistico-musicale, o anche solo una passeggiata all’aria aperta prima di iniziare di nuovo la parte teorica. Se noi avessimo iniziato subito con la teoria dopo mangiato avremmo avuto seri problemi di attenzione. Tutto ciò che porta luce e calore aiuta il sistema metabolico e il ritmo stesso porta luce e calore.
Per i bambini è lo stesso. E come possiamo noi genitori ed educatori lavorare al ritmico respiro del bambino? Già lo facciamo attraverso il gioco e il canto, ma si può avere la stessa esperienza anche quando mangiamo e assumiamo sostanze solide, perché la terra è avvolta da un manto verde che respira ritmicamente e noi esseri umani partecipiamo a questo respiro ritmico dalla mattina alla sera e in tutte le stagioni riceviamo quello che la terra ci offre. Avere noi stessi la consapevolezza che quello che riceviamo è un dono, ringraziare insieme ai bambini creando anche in questo caso dei rituali, porta quel calore che tanto aiuto dà alla digestione. Noi all’asilo diciamo questa preghiera prima di iniziare a mangiare:
Terra, tu il cibo ci hai dato, sole tu lo hai maturato, cara terra, sole amato il mio cuor vi è tanto grato!
Come si può intervenire quando un bambino non mangia o mangia pochissimo?
Un bambino che in età da materna mangia solo pappe liquide e molli e non riesce a mangiare altro, può essere aiutato solo da un intervento medico. Quando sono così piccoli, l’animico spirituale ancora in formazione, è ancora collegato con la vita prima della nascita; questo significa che è accaduto qualcosa a monte del processo nutrizionale e ciò è di competenza medica, mentre la nostra competenza è solo educativa. Quando il bambino comincia a sviluppare i denti significa che è pronto a masticare; se non lo fa, perché non riesce o perché per qualche motivo non gli viene proposto del cibo solido o lo rifiuta, si può solo chiedere aiuto ad un medico che però sia competente in nutrizione infantile.
Per noi educatori è importante sapere da dove vengono i problemi alimentari, informarsi, parlare con i genitori e cercare di capire e di comprendere, perché etimologicamente comprendere significa proprio “prendere con me”. Dobbiamo sapere che i bambini hanno una saggezza innata e vanno rispettati; se fanno il capriccio vuol dire che lì c’è qualcosa che non fluisce e sta a noi sviluppare la capacità di capire se è solo un capriccio, andare a fondo e cercarne le motivazioni. Nel momento che comprendiamo il bambino il capriccio non ha più senso. Non deve diventare uno scontro ma bisognerebbe sviluppare la sensibilità per capire quando e se insistere un po’.
Le forze che servono a digerire un alimento sono disponibili nel momento in cui quel cibo lo assaggiamo. In questo modo sollecitiamo l’organismo all’azione della digestione. Quindi, quanto più è varia l’alimentazione, tanto più differenziate sono le forze che il nostro sistema digestivo deve impiegare. In questo modo vengono stimolate tutte le funzioni dell’organismo: la forza muscolare ma anche la facoltà di pensiero, la fantasia, gli istinti, le passioni e di conseguenza le simpatie e le antipatie.
Una delle mie insegnanti di pedagogia ha detto un giorno questa frase parlando di questo argomento: “Questo nostro corpo astrale, portatore della coscienza, delle brame, delle passioni e dei desideri, si manifesta molto in questi moti di simpatia e di antipatia. Quando è in equilibrio è un cavallo che si fa dirigere dal cavaliere, altrimenti ci disarciona come un cavallo imbizzarrito”.
Un buon consiglio può essere farsi aiutare a preparare il cibo, questo può far sì che il bambino impari a conoscere i cibi che non ama. Perché quello che può non piacere, o venire a noia, viene compensato dalla conoscenza. Attraverso questa modalità comincia a nutrirsi già prima. Anche preparare i cibi con amore è di aiuto, perché nel preparare il cibo passano le nostre qualità. Tutto questo aiuta il bambino a digerire non solo in senso fisico ma anche mentale.
Riflettiamo poi sull’atmosfera che circonda il momento del pasto. A volte il disagio che i bambini manifestano durante i pasti e l’inappetenza che ne consegue, non è altro che una reazione a discorsi e discussioni che noi adulti facciamo a tavola e al clima che caratterizza il momento del pasto. L’ansia stessa che circonda un bambino inappetente può creare momenti di disagio, per questo motivo può sentirsi osservato e giudicato e chiudersi sempre di più nel suo mondo.
I bambini non vengono al mondo per realizzare le nostre aspettative. L’unica cosa che possiamo fare e favorirne la crescita armoniosa e dare esempi sani, perché loro ci osservano e ci imitano.
Chiara Guida (una delle nostre ragazze che sta svolgendo il Servizio Civile c/o la scuola) ci propone alcune domande e riflessioni di approfondimento sull’incontro. Ve le proponiamo di seguito:
DOMANDE E RISPOSTE DI APPROFONDIMENTO SUL TEMA
È corretto quindi pensare che il bimbo con difficoltà alimentari prova delle difficoltà emotive che rigetta sul cibo?
Si è corretto. Quando parlo di atmosfera a tavola dico proprio questo. Non fare discussioni, non guardare programmi tv o telegiornali che mandano solo notizie di guerre e disastri. Questo è un aspetto. Ma anche prestare attenzione ai segnali di disagio che vengono da fuori: scuola, amici ecc..
Creare un’atmosfera distesa a tavola dà anche la possibilità ai bambini di poter tirare fuori le difficoltà che hanno incontrato durante la loro giornata. E’ un po’ come il cerchio di condivisione. Se tutti guardano la tv o litigano a chi può rivolgersi il bambino? E l’unico modo che ha per attirare l’attenzione diventa il non mangiare. I bambini sono geniali. Sanno benissimo come fare per attirare l’attenzione.
Come si può passare da un allattamento a uno svezzamento senza creare difficoltà al piccolo?
Consiglio un libro semplice che mi ha molto aiutato come madre e come maestra (“Naturalmente bimbo” Autori vari, Terranuova edizioni) perché questo è un argomento infinito. Ogni bambino è diverso da un altro. Io ho due figli e ho fatto cose diverse. L’importante è iniziare con gradualità con alimenti semplici, adatti e di buona qualità. Non bisogna avere fretta.
Come si distingue un capriccio da una reale difficoltà?
Questa è la parte più difficile. Bisogna sviluppare la sensibilità di capire quando è il caso di insistere e quando no e questo avviene solo attraverso l’esperienza e la formazione continua. All’asilo abbiamo alcuni casi di bambini che mangiano molto poco. Osserviamoli attentamente, fisicamente, durante il gioco, nella relazione con gli altri e con noi. Nella mia carriera di maestra in piccole scuole parentali che davano all’educazione alimentare moltissima importanza, ho potuto lavorare molto per sviluppare questa sensibilità. Ho incontrato molti bambini e quasi tutti sono riuscita a farli mangiare. Con alcuni però ho dovuto desistere perché avevano avuto dei veri traumi che erano affrontabili solo dal punto di vista medico, ma sono stati veramente dei casi rari.
Una cosa molto difficile da imparare è non creare dipendenza nella relazione coi bambini. E’ una cosa talmente difficile questa da spiegare che ci vorrebbe una pagina intera perché è una cosa che fa parte dell’autoeducazione.
Può esserci una maestra preferita, ma questa maestra preferita deve saper amorevolmente dire: “vai, ce la puoi fare anche se io non ci sono” e accompagnare i bambini verso l’autonomia. Sarà di grande aiuto per la sua vita di adulto. Questo dovrebbe essere anche il compito dei genitori. Qualcuno ce la fa, qualcuno un po’ meno perché per loro è più difficile essendoci il coinvolgimento emotivo.
ll “calore” di cui parli nel testo si intende sia fisico che emotivo?
Certo che sì. Nel testo parlo del calore e della luce portati dalla pratica dell’arte, della musica, del gioco libero dentro e fuori e da un ritmo sano. Anche un adeguata educazione emotiva ed affettiva è una componente fondamentale.
Noi abbiamo il compito di esercitarci ad amare anche i bambini che non ci sono tanto simpatici e che ci mettono in difficoltà (può essere il caso del cibo) proprio perché certamente ci stanno rimandando qualcosa di noi.
Cogliere questo aspetto ti può far capire che è un’opportunità aver incontrato quel bambino e cercare di capire come mai questa cosa ti risuona tanto. Non con la testa ma con il cuore, che è il punto dove c’è il calore dell’amore incondizionato, attraverso l’arte e la bellezza e ringraziando sempre per questo incontro, per questa opportunità.
Attraverso la comprensione (prendo con me) e attraverso l’osservazione, cerco di capire perché il bambino fa così, ma capire per davvero. Questa è educazione affettiva.
Nel testo parli di “forzare” il bimbo a mangiare, ovviamente si intende in modo benevolo; è corretto pensare che aiutare un bimbo a mangiare qualcosa che non ha mai provato lo aiuterà ad essere più aperto verso le nuove esperienze? Come educatrici possiamo dunque dire di essere delle facilitatrici tra il contatto con i bambini e la realtà, corretto?
Non serve forzare a mangiare ma piuttosto lavorare sulla forza di volontà. Questo in generale, non solo per quello che riguarda il cibo. Dare la possibilità ai bambini di assaggiare cibi diversi, favorisce anche lo svilupparsi di queste forze. Non forzarli, ma proporre i cibi ciclicamente senza arrendersi. Se oggi non lo mangia non è detto che fra una settimana non decida di assaggiare. Se noi al primo “no” ci arrendiamo e non proponiamo mai più quel tipo di cibo (e a volte accade) si creerà il problema. I bambini cambiano man mano che crescono e noi dobbiamo avere fiducia in loro e nelle loro capacità. Solo così si sviluppa la loro forza interiore. E’ come il gioco. Oggi non riesco ad arrampicarmi sulla scala della casetta sull’albero ma se continuo a provare prima o poi ci riesco. Con il cibo è la stessa cosa. Se osserviamo i bambini della nostra scuola vedremo che i più autonomi nella quotidianità e nel gioco, sono tendenzialmente anche quelli che fanno meno storie per mangiare.
Quale può essere un segnale allarmante di maggior difficoltà con i bambini?
Quando, per esempio, vediamo che un bimbo mangia talmente poco da non avere le forze fisiche per giocare, per relazionarsi con i suoi pari, è il momento di allarmarsi e di parlare con i genitori. Faccio un esempio: Un bimbo arrivato da noi a tre anni. Molto esile, impaurito a tal punto da sembrare sempre in balia degli eventi, tanto da avere sempre bisogno di un adulto accanto e da non riuscire a relazionarsi con gli altri bambini, a tavola non mangiava nulla o quasi se non un po’ di latte di riso o semplicemente acqua. La mamma all’inizio, riteneva che la cosa non fosse eccessivamente preoccupante, fino a qualche tempo dopo quando, avendolo portato ad una festa di compleanno di un suo compagno in cui erano invitati altri bambini dell’asilo, ha visto con i suoi stessi occhi, la sua fatica nella relazione con gli altri bambini e il fatto che, nonostante tutte le cose buonissime che c’erano, lui non avesse voluto assaggiare nulla. A quasi quattro anni il suo bambino, per la paura di assaggiare cose nuove si stava perdendo la possibilità di fare nuove esperienze anche nella sua vita di bambino. Ha chiesto aiuto a noi che le abbiamo consigliato, oltre ad una visita specialistica da un nutrizionista, anche un percorso di autoeducazione perché si è resa conto che doveva essere lei a trovare la forza di aiutarlo. Dopo un attimo di assestamento (come una regressione) in cui quel bimbo non mangiava quasi più nulla se non un po’ di latte, abbiamo notato che il suo appetito è un po’ aumentato. Anche se mangia ancora molto lentamente notiamo che nel gioco è più attivo di prima. Ha più amici, lo si vede giocare con due o tre bambini per volta cosa che una volta era impensabile. Abbiamo capito che camminare lo aiuta, che va stimolato a muoversi di più, a vestirsi da solo, a sviluppare quello che dicevamo prima: la forza di volontà. Noi e la mamma abbiamo avuto fiducia in lui e lui ce la sta facendo. A piccoli passi.
Dobbiamo avere la consapevolezza che i bambini sono dei grandi saggi e vengono da noi per insegnarci quello che ci serve imparare.
Con affetto, Maestra Dolziana